CENNI BIOGRAFICI

Nato all’Aquila il 19 settembre 1944, Sandro Visca risiede a Pescara dove dal 1968 al 2003 ha insegnato Discipline pittoriche nella sezione Accademia del Liceo Artistico Statale “G. Misticoni.

A diciotto anni è già presente in mostre di rilievo: nel 1962 è selezionato per la Biennale Nazionale del Disegno “Premio Recoaro Terme” vicino ad artisti come Adami, Casorati, Capogrossi, Guttuso e Morandi. In quegli anni, il suo insegnante di figura disegnata Giuseppe Desiato, diventato in seguito uno dei più autorevoli esponenti della Body Art in Europa, lo sceglie insieme ad altri artisti aquilani per formare il “Gruppo 5”.

Sandro Visca, durante gli anni di studi presso l’istituto d’Arte aquilano, si distingue per il vivace impegno profuso ad un rinnovamento tecnico didattico di tutte le materie professionali della sua scuola e soprattutto nel laboratorio metalli. Nel 1963, terminati gli studi, si trasferisce a Roma dove vive e lavora fino al 1967.

Artista versatile in campi diversi di attività e di ricerca, come collaboratore artistico del Teatro Stabile dell’Aquila nel 1969 realizza le scene di Alberto Burri per “L’Avventura di un povero cristiano” di Ignazio Silone, per la regia di Valerio Zurlini. In questa occasione l’incontro con Burri si tramuta presto in una vera amicizia, tanto che anche per la passione che li accomuna per la caccia, si frequentano in lunghe settimane venatorie sia in Umbria che sulle montagne d’Abruzzo.»

Nel 1973, con un’opera di sei metri, è invitato alla XV Triennale internazionale di Milano – Sezione italiana “Lo spazio vuoto dell’Habitat”. Tra gli altri, nei giardini della Triennale e all’esterno del palazzo, interventi di Contatto arte-città di Arman con “Accumulazione musicale e seduta”, Burri con “Il teatro continuo”, Corneille con “Libro all’aperto”, De Chirico con “I bagni misteriosi”, Hundertwasser con “Inquilino albero”, Marotta con “Eden artificiale”, Matta con “Autopocalipse”.

“Nell’opera di Sandro Visca ‑ ha scritto Gino Marotta ‑ affiorano e si manifestano feticci e tabù e ripristini candidi di coltissimi sortilegi, di ferocissime appassionate ricognizioni dei territori passionali di un collettivo etnico che va oltre il Gran Sasso, verso il deserto”.»

Fin da giovanissimo, appassionato frequentatore delle sue montagne, inizia a studiarne presto gli aspetti letterari e antropologici, tanto che nel 1975 realizza il film “Un cuore rosso sul Gran Sasso”. Film d’arte corredato da un volume serigrafico presentato da Diego Carpitella e un libro oggetto “Per un cuore rosso sul Gran Sasso”, eseguiti a mano in tiratura limitata, editi dallo studio l’Uovo dell’Aquila. In rapporto al film Un cuore rosso sul Gran Sasso, nel 1986, invitato dall’Assessorato alla cultura della Regione Abruzzo a San Paolo del Brasile, dà il titolo al Primo Expo Brasil Italia, “Un coraçao vermelho no Gran Sasso”, dove espone una serie di sue opere sul tema.

Profondamente interessato alla cultura latino‑americana, nel 1978 organizza una spedizione in Sud America con particolare attenzione alla storia e agli aspetti socio economici del Perù. In questo imprudente e pericoloso viaggiò tra le Ande, in particolare per la presenza della guerriglia armata di Sendero Luminoso, documenta i segni tipici dei villaggi della Sierra e dei centri storici più sperduti dei parchi archeologici di Cuzco e Puno, rilevando profonde analogie con la sua terra di origine. Risalendo poi da Iquitos un tratto del Rio delle Amazzoni, si addentra nella foresta amazzonica di Pacaya Samiria avvicinando gruppi etnici Jaguas e Jivaros. Questa esperienza, sia da un punto di vista scientifico che umano, lo porterà a rafforzare ancora di più le sue posizioni politiche nei confronti del suo lavoro e della sua ricerca.

Nel 1988 apre a Pescara la Scuola Italiana d’Arte dove per due anni, oltre che a dirigerla, promuove corsi di formazione professionale per discipline pittoriche e tecniche grafiche del disegno, conseguendo brillanti risultati.

Presente nelle principali manifestazioni abruzzesi, è stato invitato a numerose mostre di rilievo nazionale e internazionale tra le quali: nel 1991 “Texlia ‘91” dove Enrico Crispolti lo colloca con i suoi arazzi cuciti nella sezione storica Pittura tessuta vicino ai futuristi Prampolini, Balla, Depero e altri maestri dell’arte italiana come Afro, Mirko, Cagli e Dorazio; nel 1992 l’Expo Mondiale di Siviglia (Spagna); nel 1995 la mostra “Lupo” – dall’Abruzzo all’Immaginario – Roma Eur, Salone delle fontane, a cura di Alessandro Mendini; nel 1999 il 12TH Camerino – Noordwjkerhout Symposium, “Receptor chemistry towards the third millennium” – Università di Camerino; nel 2002 il XXXV° Premio Vasto – Il secondo novecento in Italia, Riferimenti forti – a cura di E.Crispolti; nel 2004 la mostra “Omaggio a Francesco Petrarca” – Seul (Corea) a cura dell’Istituto Italiano di Cultura di Seul; nel 2006 la rassegna “Collezione Generazione Anni Quaranta”, Museo Magi di Pieve di Cento; nel 2011 L’Esposizione Internazionale d’Arte 54. Biennale di Venezia; nel 2011 “Un cuore rosso sul Gran Sasso” (film d’arte 1975-2011) Evento Speciale Padiglione Italia, La Biennale di Venezia 54.; nel 2012 la mostra “Visioni” – La fortezza plurale dell’arte – a cura di Giacinto Di Pietrantonio e Umberto Palestini – Fortezza Borbonica di Civitella del Tronto (Te).

Per il suo vivo interesse verso la storia dell’uomo e dei rapporti con il luogo e i costumi territoriali, nel 1998  attraversa per migliaia di chilometri la Gran Sabana Venezuelana da Caracas a Canaima e Roraima, fino ad entrare in Brasile; nel 1999, in Africa settentrionale, il deserto tunisino e nel 2012 in Marocco, il Grande Atlante.

Sandro Visca, attento esploratore e scrutatore della natura, vive in Abruzzo profondamente legato alle complesse stratificazioni culturali di appartenenza dalle quali ha sempre tratto sottili riferimenti per il suo lavoro. Ciò che rende particolarmente interessante la sua personalità è la costante ricerca tecnologica sia sul piano grafico‑pittorico sia su quello dello studio dei vari materiali espressivi; esperienza che gli ha permesso di recuperare il colore attraverso le materie e di acuire sempre più una tensione straniante nel suo discorso immaginifico.

L’impegno profuso nella conoscenza dei mezzi adoperati in pittura è altrettanto evidente nell’esecuzione manuale delle sue sculture di pezza del 1969‑70 e soprattutto nelle opere cucite degli ultimi anni.

Visca, per dirla con Tito Spini, è come uno sciamano, cuce parole e stoffe, costruisce oggetti rituali per il “volo” e, dall’alto spazio raggiunto, scruta nelle pieghe della storia il futuro.